LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"SE SAI SEI"

aggiornata il 16 febbraio 2010

 

 

Hai fatto il seguente percorso:

vieni da "sapere in essere "; sei in "elenco autori ontologici.

Per tutti loro vale il rovescio del motto sbandierato in questo sito.

Epistemicamente parlando,

SE SAI SEI.

Ontologicamente parlando,

SE SEI SAI.

Ma si tratta di un sapere metafisico, che faticosamente gli ontologi più avvertiti si industriano a decostruire. Tra costoro esemplare è Derrida, ma anche i pensatori del "pensiero debole" hanno dato un interessante contributo antimetafisico. Cominciamo da...

Parmenide

Aristotele

Hegel

Marx

Heidegger

Husserl

Foucault

Derrida

e molti... troppi altri.

 

L’ontologia è una favola.

Comincia con “C’era una volta…” e finisce con... Essere e tempo.


Il primo inganno dell’ontologia è farti credere che sei intelligente. Dopo che ti ha convinto che sei intelligente, è più facile per lei ingannarti a suo piacere. Nella fattispecie l’ontologia ti fa bere la panzana che esista qualcosa prima del sapere, cioè l’essere, “la cosa da pensare” (das zudenkende), l'essenza a cui il pensiero si deve adeguare (adaequatio rei et intellectus).

(Ma come fai a credere che ci sia qualcosa prima del sapere, se non sai già qualcosa, per esempio che non sai? Devi proprio esserti bevuto il cervello, se credi alle favole ontologiche e/o essenzialistiche).

Un’altra forma di inganno, strettamente imparentato con l’inganno ontologico, è l'inganno religioso. I preti ti fanno credere che prima del sapere esista dio. Dopo di ché in nome di dio prendono il potere e ti fanno fare quel che vogliono. Il guadagno ontologico è essere, sì, ma schiavo. In questo senso ha ragione Lacan nel definire l'ontologia una variante del discorso del padrone. "Essere è essere agli ordini". (Cfr. Seminario Encore, p. 34).

Gran parte della cura analitica, intesa come effetto di una pratica dell'ignoranza, consiste nel venire a capo di questi auto ed eteroinganni di marca ontologica. In base a una lunga pratica posso dire che l'analisi dell'inganno comincia quasi regolarmente dall'esame di questo avverbio: prima, che l'inganno filosofico declina come "trascendentalità" e l'inganno religioso come "trascendenza". L'analisi dimostra che ogni "prima" viene "dopo", cioè è una costruzione a posteriori. In termini freudiani il "prima" è una "scena primaria", per esempio, rappresenta il coito dei genitori, cioè ogni "prima" è un fantasma.

Concretamente, una psicanalisi evolve come processo di disinganno. Esordisce in modo stardardizzato – direi ritualizzato – nell'autoinganno del transfert, che blinda il soggetto all'interno di una falsità non falsificabile – il soggetto supposto sapere. L'analizzante suppone che l'analista sappia quel che lui non sa. Tale autoinganno dovrebbe essere poco alla volta tolto e il modo in cui viene tolto dovrebbe essere terapeutico per gli altri inganni che hai subito e... voluto. In effetti, ci pensano le comunità analitiche a conservare e a rinforzare l'inganno iniziale, sfruttandolo ai propri fini di potere. L'analizzante potrà ben convincersi che il proprio analista non sa - come il proprio padre o la propria madre non sapevano - ma difficilmente potrà sfuggire alla trappola della comunità analitica,

che veramente sa la dottrina ortodossa della psicanalisi.

Il contentino che ti viene dato per tale eteroinganno è di nuovo ontologico. Dopo il lungo periodo di formazione tu "sei" un analista della tua scuola. Lacan ti avrebbe insignito della sigla AE, analyste de l'Ecole. Così - con questa passe - si chiude il circolo "ontoepistemico": essere - ingannare - essere. E la psicanalisi che hai fatto con tanto dispendio psicofinanziario è stata inutile - anzi, non è stata neppure psicanalisi.

L'impostazione epistemica, che pone l'essere sotto condizione del sapere - sei se sai - riesce contestualmente a smascherare l'inganno della psicoterapia (cfr. Psicanalisi = Psicoterapia?). Nella misura in cui si propone di curare l'essere la psicoterapia è un (auto)inganno. (In quanto tale è un argomento delle scienze dell'ignoranza). Non c'è cura diretta dell'essere. (Sarebbe pura ipnosi). C'è solo cura indiretta attraverso il sapere, nel senso della correzione epistemica che consenta di passare da una forma di sapere falsa a una meno falsa. (E' la revisione del giudizio, di cui parla Freud). Questa transizione avviene solo in termini psicanalitici - ma non necessariamente attraverso il setting psicoterapeutico freudiano. Fenomenologicamente parlando, questa transizione epistemica è meno una guarigione che una convalescenza nel senso nietzscheano del termine. La convalescenza del soggetto è una riduzione dell'inganno - individuale e collettivo - in cui normalmente vive.

L'ontologia è una brutta favola.

L’ontologia è la forma di religiosità latente di tutto il pensiero occidentale. Essa è la madre delle tre grandi relioni monoteiste, da cui finora invano il pensiero occidentale tenta di liberarsi. (Il libero pensatore non esiste). Perciò l’ontologia è politicamente più pericolosa della religiosità manifesta delle tre grandi religioni monoteiste, così com’è proclamata dai pontefici massimi dell'Ebraismo, dell'Islam e del Cattolicesimo. Infatti, se è vero che i pontefici ingannano le masse dei non pensanti, i filosofi ontologici ingannano coloro che si sforzano di pensare, ma non  sanno ancora bene come fare. Pensare, infatti, non è un’attività naturale e innata, ma faticosamente acquisita dalla civiltà. In un certo senso, il danno prodotto dai pontefici in chi non pensa ancora e non ha alcuna intenzione di cominciare a farlo è molto minore del danno prodotto dai falsi maestri in chi viene ingannato nel momento in cui si apre al pensiero e vuole continuare sulla strada che ha intravisto. Nel primo caso si perdono degli zeri, dal punto di vista del pensiero, nel secondo delle quantità non negative.


Qui voglio segnalare una trappola del pensiero, riconoscendo la particolare gravità del pericolo ontologico della religione cattolica dove, a causa dell’invenzione paolina del Cristo come Uomo-Dio, si raddoppia l’ontologia straordinaria di dio con quella ordinaria dell’uomo. L’altra faccia dell’ontologia dovrebbe essere l’epistemologia. Il cogito, ergo sum, che si traduce: se so, sono, istituisce il sapere come altra faccia dell’essere, addirittura come la sua precondizione. Invece il cristianesimo propone un’ontologia double face, che non fa posto al sapere. Da un lato e dall’altro della medaglia c’è sempre l’essere. Sarebbe come giocare con una monetina con due teste o due croci. Un gioco manifestamente iniquo. Perciò la Curia Romana condannò Bruno e Galilei, che proponevano il sapere come l’altra faccia dell’essere. Cartesio si salvò perché procedeva mascherato da teologo e faceva finta di parlare di dio come somma perfezione.
Con un corollario disperante. L’ontologia, chiusa nella propria corazza religiosa, è difficilmente decostruibile, come ben sapeva Derrida. La ragione è che si fonda sull’oralità e questa esprime il desiderio di “essere” tutt’uno con il seno – uno dei desideri sessuali primordiali. La devozione, specifico sentimento religioso secondo Hegel, non vuole sapere altro dall'“essere tutt’uno con la fonte d’acqua viva”. Si tratta del famoso “sentimento oceanico” (ozeanisches Gefühl), che Freud contestava a Romain Rolland, in cui il devoto vuole immergersi. La pietà e la devozione sono per lo più forme di ignoranza collettive. Freud ne parla all’inizio del suo Disagio nella civiltà (fine Cap. I).
La necessità tanto diffusa in Occidente di ricorrere alla fede religiosa, meglio se monoteista, per risolvere in  nome del realismo i problemi privati e pubblici è un artefatto dell’ostinazione ontologica. Proprio perché il sapere è “fuorcluso” dall’essere, l’essere diventa raggiungibile solo attraverso un atto di fede. A quel punto il soggetto diventa ostaggio dei preti, i quali, una volta stabilita l’ortodossia religiosa valida per sempre, hanno sempre trovato conveniente mantenere immutata nei secoli, proprio attraverso l’impegno di fede, l’ignoranza dei propri fedeli.

Si chiama conservazione del potere, l’accanimento ontologico. Che nel caso psicologico si manifesta lungo le vie delle varie forme di psicoterapia, le quali nonostante l’apparente diversità e varietà hanno un fattore comune uniformizzante: il conformismo alla volontà del padrone. La favola ontologica si riduce a questo: la brutta favola del logos, raccontata a noi da predicatori logocentrici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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